DDMagazine dicembre 2009

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ELISABETTA RONCHI
ELLY PRESTEGAARD
WES WEMPEL
MARTIN WITTFOOTH
DAVID DE LAS HERAS
ROBERTO CENCI

link dicembre 2009

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DDMagazine novembre 2009

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works:

NANNI SPANO
DAN MAY
HEIKO MULLER
SCOTT G.BROOKS
DE BECKER

Nanni Spano (Metamorphosis):
L’alta definizione e la modalità macro che investigano i dettagli e le trame di alghe, cortecce, pietre e foglie sono penetrate inaspettatamente da altri mondi di immagini con sintesi violenta e classica nel contempo. Mentre crediamo che l’immagine sia limpida e ferma come cristallo e risponda al nostro piacere visivo, l’artista ne contamina e mescola gli elementi di senso insinuando l’inquietudine di una impossibile inalterabilità. (G. Carbi)


Dan May (Illustrations):
Ad essere illustrata è un’Arcadia fiabesca, popolata da ninfe belle e satiri bestie, infanzia evanescente, insetti. Poesia malinconica illuminata magistralmente dal di dentro.

Heiko Muller (Drawing/Mixed Media/Oil):

Attraverso un uso spregiudicato della sovrapposizione stilistica assistiamo a una interessantissima mediazione tra mezzo espressivo, dato naturale, l’illustrazione e la fotografia, richiami Pop e schizzi Action il tutto per dar vita a un’iconografia potente ed immediata volta al confronto di natura e storia.

Scott G.Brooks (Painting):

Ben lontana dall’essere gratuita, ecco l’ennesima violenza all’ “american dream”, e insieme, ben lontano dal palesarsi come copiatura, l’ennesimo omaggio all’arte rinascimentale. Le deformità si legittimano da sole con sguardi sicuri di inquietante benessere, la distorsione si offre sorridente all’occhio che guarda. E se il mondo fosse proprio questo?

De Becker (Into the wild):

Un’intuizione fenomenale la trasposizione del soggetto urbano nel dato naturale, a provocare uno spaesamento grottesco ma non solo… La gamma di sensazioni offerta da queste immagini è indice di un’indagine relazionale tra uomo e natura che è ancora tutta da scoprire.

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DDMagazine ottobre 2009

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works:

PIER PAOLO KOSS
KHALED EL MAYS
ALAN GODINEAU
BARK AABYE

PierPaolo Koss (Italia): Una serie di scatti a testimonianza dell’intenso lavoro di riscoperta e assimilazione dell’estetica e dell’arte futurista da parte di un performer e artista visivo al quale DDMagazine ha già dedicato un numero speciale.

Khaled El Mays (U.S.A): Panorami fotografici di un’America urbana esplosa e ricomposta attraverso l’arte digitale.

Alan Godineau (Francia): Il futuro surreale ed inquietante dell’umanità tra mutazioni e ologrammi , attraverso ricomposizioni visionarie ma non prive di richiami all’arte del passato.

Bark Aabye (Second Life): Il reportage nella Seconda Vita: Lo spazio geodigitale esplorato e catturato in poetiche immagini futuretrò.

link ottobre 2009

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DDMagazine settembre 2009

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works:

TOMMASO LIZZUL
HOTB
SINSONG
WAYNE LIU
DENISE ALBA

TOMMASO LIZZUL (Ita)
onthesofa_

Originalità significa essere te stesso e crederci. Onthesofa tratta dell’originalità. In questo progetto il set è composto da un sipario di velluto rosso e un divano di pelle nera. l’inquadratura rimane la stessa così come le luci.
Quello che cambia sono i soggetti sul divano. Ogni personaggio esprime la propria originalità.(T. Lizzul)

HOTB (Ita)
Is anybody home?

HOTB compone figure, là dove altri nei secoli hanno costruito sistemi filosofici, o si sono tormentati sulla persistenza del male, e hanno scritto volumi sulla crudeltà…
HOTB con la sua provocazione ci aiuta a sentire quanto è viva la nostra coscienza televisiva, adorna di immagini pubblicitarie, dove c’è sempre casa, ovunque nel mondo e in qualsiasi malaugurata situazione, basta avere il fusillo in tasca…
In HOTB un’umanità genitale e a tratti pornografica interpreta una sgangherata pulsione di vita, mentre neri telefoni disseminati, come ruderi in un paesaggio romantico, sono in attesa di una chiamata…(patrizia miliani)

SINSONG (NYC, Singapore)
Portrait

“Gli uomini sono stronzi ovunque, e le donne non è che siano poi molto meglio, ma almeno sono carine”. La sentenza è precisa, tagliente, inesorabile, e sembra non permettere repliche. Tensione erotica e satira sociale si mescolano nelle immagini patinate e sature di colori disegnate dalla macchina fotografica di questa disincantata artista cosmopolita che vive a cavallo tra Stati Uniti, China e Singapore, “tanto il mondo è uguale dappertutto”.

WAYNE LIU (Usa)
Haunted

Presenze soprannaturali in bianco e nero che emergono dalla pellicole fotografiche, solo lievemente nascoste da doppie esposizioni che ne sottolineano il carattere ansiogeno. Sono le figure sovrapposte e confuse che nascono dall’obbiettivo “infestato” e notturno di Wayne Liu.

DENISE ALBA (Bra)
My Complex Parallel Universe

Immagini surreali e surrealiste, composte strizzando l’occhio ai grandi dell’arte del novecento e al mondo delle favole, reinterpretando alternativamente ma senza soluzione di continuità Modigliani e il gatto con gli stivali, Dalì e Cappuccetto Rosso, Magritte e Biancaneve.

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DDMagazine agosto 2009

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works:

SIMONE STEFANINI
LOU PATROU
EDOARDO VENEZIANO
JASON LIMON
ROBERT STEVEN CONNETT

Simone Stefanini SIX STUDIO (Italy)
Propone una serie di drammatici ritratti femminili digital art da Second Life ottimamente rielaborati attraverso testurizzazioni e sapienti sfumature. Cosa c’è aldilà della seconda vita?

Lou Patrou (U.S.A)
Dal vasto catalogo di “faces and forms” una sfida di visioni tra cromia e grafia dove a non essere mai sconfitta è l’eccellenza.

Edoardo Veneziano (Italy)
Il corpo umano si dissolve nella materia pittorica ed il cielo e la natura implodono in tonalità profonde ed espressive

Jason Limon (U.S.A)
Sorprendente come la “grottesca” rinascimentale, che sembra rianimarsi per dare vita e dimensione a un decorativismo del tutto contemporaneo. Una selezione dell’arte grafica di Limon da Los Angeles.

Robert Steven Connett (U.S.A) Echi psichedelici e horror vacui. Un viaggio attraverso mondi in cui micro e macro, interiore e remoto collidono in visioni in qualche maniera trascendenti.

link agosto 2009

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DDMagazine luglio 2009

works:

SEBASTIAN BAGES
DAVEY JONES
DAYVID LEMMOM
KEN KEIRNS
PRIDE!

Sebastian Bages (Colombia)

Nelle illustrazioni di Bages si nascondono portali per altri mondi. Spiriti guida, creature dal corpo difforme o evanescente penetrano nel quotidiano dei personaggi e lo permeano di magia… Ma forse la magia qui evocata sta semplicemente, e genialmente, nel dare corpo a una emozione, ad un sogno, un pensiero.

Davey Jones (USA) & Dayvid LeMmon (USA)
In collaborazione con Strychnin Gallery Berlin and Perihelion

Davey Jones and Dayvid LeMmon sono due artisti americani che si avvalgono del mezzo della fotografia per raggiungere stupore attraverso post-produzione e fotomanipolazione digitale: mentre i lavori di Jones ci portano direttamente sul set adrenalinico d’un film d’azione, l’opera di LeMon è reminescente e monocroma, come le acqueforti dei grandi maestri o, per tornare al paragone con il cinema, come i film di Bergman

Ken Keirns (USA)

Chi sono le donne pericolose ritratte nei brillanti dipinti di Keirns? Forse è sempre la stessa, che ironicamente posa a volte accanto ad una scimmia (maschio) o semi-nascondendo armi o veleni di vario genere? Forse non ci sarà dato conoscerne l’identità… ma ne è ben chiara l’intenzione!

PRIDE!

Una doppia documentazione fotografica dello svolgersi contemporaneo di due GayPride nazionali: Genova, in Italia, e Ljubljana in Slovenia. Attraverso i volti e i percorsi che si snodano nelle vie delle città, i protagonisti riaffermano con gioia e consapevolezza l’importanza di salvaguardare l’identità propria di ogni essere umano a fronte di qualsiasi conflitto. Reportage fotografico di Paola Castellan, Sergio Pancaldi e Christiana Viola.

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DDMagazine giugno 2009

works:

GUGLIELMO MANENTI
TIM LOWLY
CHRIS RAIN
JAVIER S.SANUDO
DAVIDE GARBUGGIO

Guglielmo Manenti (Italy)

Con Bloomsday, una serie di illustrazioni tratte dall’”Ulisse” di James Joyce, Manenti ritorna a Trieste per una nuova collaborazione con DDProject. A lui, e alla sua traduzione in immagini di frammenti di stream of consciousness, il magazine dedica copertina e apertura.

Tim Lowly (U.S.A)

Pittore, fotografo, curatore e insegnante, Tim Lowly con “What we know in part” ci presenta una galleria di immagini pregne di straordinaria  capacità evocativa, trattenuta a stento dall’apparente sobrietà delle sue composizioni che attingono direttamente alla ricerca di un senso e di un significato dell’esistenza.

Chris Rain (Italy)

Simboli di costellazioni private si intersecano a squarci di infinito. Micro e macrocosmo si fondono poeticamente sotto il segno della caducità e dell’inconsapevole, silenzioso, scorrere del tempo. Le fotografie analogiche di Rain, manipolate in camera oscura come in un antro alchemico parlano dell’esistenza come fuga dal silenzio, verso altri silenzi

Javier S. Sanudo/Frodo47 (Mexico)

E’ istintuale, umorale. Narra di morte, distruzione ed autodistruzione… e tuttavia è estremamente viva e potente la sintesi artistica di sensualità e violenza, orrore e fascino nelle immagini di Sanudo. Ma ancor meglio si esprime l’artista riguardo a sé stesso:

“Il miglior modo di descrivere la mia fotografia è semplice: trovare la bellezza nell’oscurità”.

Davide Garbuggio (Italy)

Le sue figure prendono le distanze dall’accademismo pittorico, che rimanda ad un passato onnipresente, e ciò accade quasi in punta di piedi, portando avanti una sottile e quanto mai accurata analisi di gesto ed espressione, messaggeri di un sentire più moderno e comunicativo.

link giugno 2009

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DDMagazine maggio 2009

works:

NUR MOO
YVES LECOQ
RODOLPHE SIMENON
JIM ROWE

Nur Moo (Second Life)
Il corpo proteiforme dell’ artista diventa texture, sulla quale incidere brani di poesia tinteggiati di pura luce.

Yves Lecoq (Francia)
?chi è Mad Bunny?

Rodolphe Simeon (Francia)
Un monito che suona sinistro come una profezia: e si mette in scena la danse macabre degli avatar, forse per auspicarne un’esistenza ancor più vera?

Jim Rowe (Canada)

La narrazione che sconfina in territori dimenticati?… lo sguardo leggero di vita vissuta a donare corpo e concretezza alle nuove correnti pittoriche d’oltreoceano?… adesso è già un album dei ricordi.

link maggio 2009

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DDMagazine aprile 2009

works:

KIRSTY MITCHELL
HELENA MIROSEDINA
PATRICIA ANDERS
KATIA CHAUSHEVA
CHIARA PERINI

Kirsty Mitchell (UK)
Fashion designer appassionata di fotografia. Nel suo lavoro si avverte
la necessità di una continua sperimentazione poetica che intreccia
l’espressione e la situazione del corpo ritratto in luoghi sospesi tra
il sogno e la realtà, resi magici da una brillante stesura e
composizione.

Helena Mirosedina (Ucraina) “Metamorphosis abduction Europe” e “Mental
Constructions” sono due serie che con ironia e umorismo reinterpretano
in chiave erotica sia le radici del mito occidentale (il ratto
d’Europa) che l’inquietudine della modernità.

Patricia Anders (U.S.A) Le maliziose creature di questa talentuosa
pittrice colpiscono per la grazia e per la sinuosa inquietudine che
emerge dai loro corpi ricomposti, reinventati parrebbe, nelle viscere
di un laboratorio segreto, eppure al contempo dotate di tanta ironica
naturalezza.

Katia Chausheva (Bulgaria) la ricerca di questa fotografa indaga con
sguardo curioso nell’intimità. Che siano tagli cinematografici o
composizioni pittoriche ciò che risalta è la nudità dei sentimenti e
la fragilità del corpo muliebre

Chiara Perini (Italia) artista italiana da anni ormai trapiantata a
Londra, ci propone olii e disegni a matita che ritraggono corpi e

ritratti di inquietanti donne-bambine che spiazzano lo sguardo.

Chiara Perini

Non so se nella sua storia di artista vengano prima gli oli o le matite. In entrambi i casi un critico provetto troverebbe percorsi e ascendenze mirabolanti, ma a me piace il gioco di assonanze e dissonanze.

Perché tanto “carucci” sono i bambini delle matite quanto sgraziati quelli martoriati dall’oli. Io guardo al problema tecnico: per esempio l’olio non si cancella ma si può solo modificare e allora Chiara rinuncia a stenderlo con l’attenzione della matita ma cerca altre potenzialità espressive. E poi l’olio non permette il tratto sottile e leggero della matita ma suggerisce la sfumatura, tenue o aspra. Chiara risolve il problema tecnico trasformando l’olio in un’arma feroce con cui supera il particolare nella foga espressiva di bambini che urlano e si dibattono per esprimere una violenta disperazione.

Qual’è la disperazione di questi bambini? Guardate gli abiti stritolanti come gabbie inattaccabili. E non pensate all’abito della prima comunione che nella sua candida grazia geometrica è piuttosto un omaggio alla severa e dolce sacralità umanistica di Antonello da Messina, ma alla bambina con la bambola che affida la sua ansia di vivere ai piccoli fiori colorati della ghirlanda, come un disperato messaggio nella bottiglia a un mare incolore, che non può che essere, tecnicamente guardando, minaccioso e infinito.

Il richiamo alla bad painting inglese di qualche anno fa va qui alle sue oscure radici. L’artista piega non solo una tecnica ma anche uno stile a ciò che le è più caro, alla ricerca di un carattere dominante come una colpa originale. Siamo lontani dall’ormeggio sicuro di qualsiasi isola culturale. Qui stiamo scendendo con Chiara nel ventre buio di una lontana educazione repressiva con enorme coraggio e sincerità. E’ la protezione dell’estetica ad aiutarla in questo difficile viaggio catartico che, come una tragedia greca, diventa paradigma dell’oggi. Ecco in che modo ci interessa la sua struggente testimonianza: nell’urlare che il passato non è poi così passato. Basta guardarci intorno.

Ma guardate bene le matite, perché esse hanno tutt’altro carattere. Qui la sofferenza è trattenuta a forza dai bei vestitini descritti con minuzia. Qui il dolore è ancora più forte che negli oli dove almeno i bambini si possono dibattere e urlare. Qui c’è una rassegnazione che solo la matita può esprimere e non per volontà dell’artista ma a causa della tecnica. La matita esige infatti il particolare e la precisione, cioè una capacità di concentrazione sul modo in cui il singolo segno può modificare l’intero ritratto da rendere l’esercizio del disegno simile a quello della meditazione.

E’ così che nel disegno non prevale un singolo moto, magari violento, dell’anima ma un equilibrio difficile e sofferto tra caratteri talvolta opposti. Dobbiamo amare il ricco vestito per dichiararlo prigione, e dobbiamo trovare la dolcezza dello sguardo prima di esprimere la sua disperazione.

Grande e difficile il disegno, ma certo non liberatorio come la pittura.

Cos’è allora che viene prima nella storia di Chiara? Ha iniziato a dipingere dopo aver molto disegnato? O viceversa ha dovuto urlare prima di meditare? Ma forse questi sono solo fatti suoi.

Mauro Tonini

link aprile 2009

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DDMagazine marzo 2009

works:

ANDREY BARTENEV
AKA B
BOB FISCHER
CRISTINA BATTISTIN
ANDREA ALVERA’

ANDREY BARTENEV (Mosca, Russia): Performer, scultore, artista visivo e molto altro ancora, dagli spazi della Biennale alle strade di NY emerge con il suo universo caleidoscopico interpretando e stabilendo nuove connessioni tra la pop-art e le avanguardie russe

 AKA B (Milano, Italia): Illustratore dal graffio magistrale, di profondità e sensibilità non comuni. Dice di sé “È con infinita agape, molto più che schopenhaueriana, che ho compreso, senza per questo immedesimarmi, di essere di fronte a una platea di morti”. Prestigiose collaborazioni con Marvel, DC Comics e altre case editoriali contrassegnano il suo percorso.

 BOB FISCHER (San Francisco, USA): In arte Photomeister è un fotografo, artista e filmaker che non si adagia nelle mezze misure, basta osservare i suoi lavori, dai modelli che predilige alle tonalità spesso aspre e taglienti delle sue immagini, con poesia e ironia sovverte il concetto stesso di bellezza.

CRISTINA BATTISTIN (Trieste, ITALIA): Giovane insegnante oltre che affermata artista. Una dichiarata passione per Giacometti e per il disegno. Sicuramente una delle realtà più interessanti del capoluogo giuliano.

ANDREA ALVERA’ (Trieste, ITALIA): Dalle file del Daydreaming Project, immagini fotografiche di un microcosmo denso di curiosità e purezza. Non importa quello che dice di sé: in Alverà c’è molto più di quello che appare…

link marzo 2009

Mauro Tonini scrive a proposito di Cristina Battistin
Non è un’arte pacificata la sua, ma un disegnare inesausto, che potrebbe non avere fine perchè un’espressione non è mai finita e immobile così come non può mai essere definitiva e rigida un’emozione nella vita reale.
Questa ricerca impedisce la canonizzazione, per cui ogni volto è totalmente diverso da tutti gli altri e non basterebbero tutti i volti del mondo a rappresentare lo sconcerto del nostro spirito di fronte dalla tragica bellezza del mondo. E’ un sentimento fatto di mille traiettorie dello spirito, che si possono definire solo nell’insieme dei moti di un’espressione che appare vaga e confusa ma è in realtà quanto di più preciso può essere reso all’occhio.
In questi disegni l’insistenza della linea, sottile come una lama, incide volti e oggetti senza pietà, muta meditazione sul mondo attraverso l’impressione che esso lascia sui corpi e che l’artista vede con dolorosa lucidità.Questa è la condanna e insieme il ruolo sociale dell’artista, lo sciamano che aiuta noi ciechi a riconoscere il vero spirito delle cose.C’è infatti una linea spirituale dell’arte contemporanea, fatta soprattutto di outsider: Morandi e Giacometti, ma anche Medardo Rosso, Bacon, Paladino. E non solo pittori o scultori, anche poeti come Campana: ognuno totalmente indipendente dagli altri ci fa vedere un percorso comune, un approccio, uno scopo, cui appartiene anche Battistini.E’ un’idea di altri tempi, oggi preistoria in un mondo di artisti-star, ma forse nell’inflazione dell’arte come trovata ne sentiamo la mancanza.Se ne potrebbero dire di cose su questo approccio tutt’altro che facile al mistero della vita, ma basta guardare le opere, e lasciarsi guardare da loro come muti sigilli.
 

M. T. scrive a proposito di Andrea Alverà
Farebbero comodo ai disegnatori di Disney queste foto perché non colgono solo la meravigliosa e stupefacente vita della natura, ma fanno un, pur difficile, passo in più: come un lampo che non si ripeterà mai più, rivelano a noi caratteri ed espressioni che credevamo non potessero nemmeno appartenere a un modo che non fosse quello degli umani.Lo scarabeo che traballa sul filo d’erba, la mantide che ci guarda sorpresa, il ragno che sfida il tempo fissandoci dal vuoto (o in quello che noi crediamo tale) dello spazio… questo è il nostro mondo e noi non lo sappiamo finché qualche artista non si prende la briga di documentarlo, senza respiro come nell’attimo teso del click fotografico.Ma è tutto qui? No di certo. Questi animali hanno una storia come ognuno di noi e spetta alla fotografia rivelarne un pezzettino che, per quanto infinitesimo, è pur sempre tantissimo rispetto a quanto potremmo sapere in qualsiasi altro modo. E qui la magia della fotografia incontra la sapienza del fotografo che sa scegliere l’inquadratura, mai scontata e piatta, e l’attimo del click, non banale, della massima espressione nel minimo istante.Perchè un gesto non è mai uguale a un altro e tocca all’artista scegliere quello giusto. E neppure uno sfondo può essere scambiato con un altro perché la farfalla appartiene al cielo, la lumaca vive del germoglio, e quale letto è più morbido di un fiore per un pomeriggio d’amore?E’ questa una fotografia particolare, che non può scegliere l’attimo né la scenografia tra le forme del gusto corrente, ma deve adeguarsi alle necessità della natura, deve farsi osservazione pura, muta e dimentica di sé. Qui non c’è posto per facili soggettivismi; qui il fotografo deve diventare un po’ ragno, un po’ scarabeo, un po’ mosca.E poi quegli occhi, che noi spesso non sappiamo nemmeno come sono fatti perché sono troppo piccoli per poter esser visti dal nostro sguardo distratto… quegli occhi sono il segno che queste foto non sono fatte solo per contemplare ma per comunicare, e per ricordare a noi che non siamo soli e che se esistiamo è forse grazie anche a ogni farfalla che porta ovunque i semi dei fiori.E che dire dei colori brillanti che rendono magnifiche e degne dell’incanto del mondo anche le forme più mostruose?C’è insomma da ridere, da ammirare ma soprattutto da sorprendersi di questi animali e del loro intento esistere, roba da fare invidia a molte nostre giornate uggiose.
 
M. T. scrive a proposito di Bob Fisher
L’oro, la stoffa, i tatuaggi, il chiaroscuro delle scenografie non sono che aggettivi, sontuosi, di corpi già di per sé martoriati e tatuati dallo scorrere del tempo. C’è una morbosa insistenza sulla rovina che ricorda i tortuosi giochi formali di certa pittura barocca. Pensate a Rubens. Ma riguardate anche Rembrandt e ritroverete nella luce l’attimo infinitesimale del tempo che rivela all’improvviso il segno spaventoso del tempo sui corpi e sulle cose: il segno della storia.Queste fotografie non sono semplicemente corpi, ma epifanie lussuriose di un mondo intero che nel suo disfacimento si fonde con la carne. E nella carne c’è il mondo e sembra che lo debba prendere tutto su di sé per poterlo vivere. Spuntano gli occhi, sempre vivi, quasi spiritati, di chi crede di poter dominare l’inesorabile decadenza anche quando questa lo ha completamente divorato.O riflettono la luce, di quel caravaggismo che sarà poi carattere anche di certa fotografia, le forme già decadute non solo del flaccido corpo ma anche degli ottusi gesti: mangiare, guardare la tv, stare di fronte al fedele amico cane. E’ anche qui che talvolta il crudo tempo si rivela, prima che nei solchi del corpo. Come dire che bisogna stare attenti a non cedere alla morte la vittoria prima di aver combattuto e che forse televisione, cibo e facili affetti non sono alleati di questa lotta.E la lotta, quando non è baroccamente aggettivata da stoffe, tatuaggi e oggetti magici, è tutta contenuta nell’assoluta geometria muscolare della vecchiaia, illuminata nell’unico modo possibile, come assoluta affermazione di sé, forse disperata, ma forte, fortissima.

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DDMagazine gennaio febbraio 2009

works:
TOM HOOPS
ARCHAN NAIR
DIEGO IAFCONCIC
MATTEO NAZZARI
MARIO MACALUSO

link gennaio febbraio  2009


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