Associazione Culturale DDProject e Circolo del Cinema Metropolis
presentano
Marina Abramovic – The Artist Is Present
Un film di Matthew Akers. Con Marina Abramovic Documentario, durata 99 min. – USA 2012.
Sede delle proiezioni: Spazio MetroKubo, via Dei Capitelli 6563b Trieste (a pochi passi da P.zza Barbacan)
Giovedì 8 novembre 2012 ore 21.00
Icona della performance art, da quarant’anni Marina Abramovic conduce la propria riflessione sull’arte e sul mondo letteralmente sulla propria pelle, spingendo il corpo a misurarsi con i propri limiti, anzi ad oltrepassarli. Quello della performance è uno stato mentale, raggiunto il quale il fisico può fare cose che normalmente non arriverebbe mai a fare.
Nata a Belgrado, figlia di due partigiani, Marina si trasferisce nel 1976 ad Amsterdam e qui incontra il performer tedesco Ulay (Uwe Laysiepen), che diventa suo partner nella vita e nel lavoro. Nati lo stesso giorno, i due sono anime gemelle che mettono alla prova i reciproci ego traboccanti sulla scena e intrattengono una relazione simbiotica fortissima, che dura più di un decennio. Il documentario di Matthew Akers segue l’artista nella preparazione della grande retrospettiva che il Museum of Modern Art di New York ha dedicato alla Abramovic nel 2010, la più grande esibizione che il MoMA abbia mai dedicato all’arte della performance.
Ultrasessantenne ma dotata di un’energia assolutamente fuori del comune (il curatore della retrospettiva, Klaus Biesenbach dice giustamente di lei, nel film: “She’s never not performing”), Marina lavora con instancabile impegno, mostrandoci l’enorme carico amministrativo che sta dietro un’opera d’arte. Ma quella professionale e cinematografica è anche l’occasione di un rincontro, a distanza di anni, con l’amato Ulay. Chiamato in causa dalla sua presenza nelle installazioni del passato, che la mostra ricrea con nuovi giovani artisti, selezionati da Marina in persona, Ulay partecipa anche alla performance principale dell’evento: “The artist is present”, in un frangente di fortissima commozione, che la lente della videocamera riprende con grande rispetto, nonostante la vicinanza massima. Dal 14 marzo al 31 maggio, infatti, Marina Abramovic si è messa a disposizione del pubblico, in una grande sala vuota, dove è stata seduta immobile per sei giorni alla settimana, dall’apertura alla chiusura delle porte del museo, ospitando uno alla volta gli spettatori nella sedia posta di fronte di lei. Il film riprende l’artista, animata dalla convinzione che la cosa più difficile sia fare qualcosa che si avvicini al niente, mentre alza lo sguardo ogni volta sulla persona che ha di fronte e gli si dedica, senza distrazione alcuna, per tutto il tempo che l’altro desidera. Come in altre opere precedenti (tra cui quella pericolosissima del ’74 a Napoli), l’artista si mette così nelle mani del pubblico, totalmente vulnerabile e attaccabile, e, ancora come altrove, la reazione dello spettatore – oltre che la prova estrema imposta al proprio corpo – diventa l’oggetto stesso della performance.
Lo sguardo occhi negli occhi con questa donna che non ha paura di nulla e sa donare se stessa senza limiti, suscita spesso il pianto o comunque l’emozione forte, unica e irripetibile, ed è un’emozione che la camera di Akers riesce a restituire, facendoci riflettere anche sulla natura dello schermo come specchio e del primo piano, quale lo catalogava Deleuze, come immagine-affezione. Nonostante -o proprio in virtù di – un’immagine sempre pulita e luminosa, la camera sempre fissata nella posizione migliore e una scansione temporale lineare e progressiva (che rende anche la progressione della fatica dell’artista, che arriverà stremata alla meta), il documentario si configura esso stesso come un film d’arte, per osmosi con l’oggetto e i modi dell’indagine.
INFO: staff@ddmagazine.it
www.knulp.org
www.daydreamingproject.org