Is anybody home? – settembre 2009

L’Associazione culturale DayDreaming Project, in collaborazione con KNULP presenta:

Is anybody home?

Mostra fotografica di HOTB

Sabato 12 settembre 2009

evento inaugurale:
ore 19.30
presso:

GALLERIA METROKUBO

Via dei Capitelli, 6563b Trieste

(sarà presente l’ autore)

L’ evento rientra nella 5a edizione di Triestèfotografia organizzata dall’ Associazione Culturale Juliet


Andy Violet per HOTB

HOTB è un fotografo e artista visuale, conosciuto per la ricerca di soluzioni visive estreme e l’uso di uno schema di colorazioni sature, suo inconfondibile tratto caratterizzante, che conducono ad una radicale trasfigurazione della figura umana. Costante è l’utilizzo di oggetti-feticcio, come un vecchio telefono di metà secolo e una chiave, correlativo oggettivo dei temi principali delle sue opere: la comunicazione interpersonale, la memoria e il segreto. Sebbene il sesso sia spesso presente nei suoi lavoro, esso è più simile a un moto di misticismo che a pura pornografia, mettendo la sessualità esibita al servizio di una impressionante, olistica esperienza di conoscenza del Sé, che può risultare in sentimenti di ripugnanza per lo spettatore. Il paradosso di un “corpo spiritualizzato” riempie lo spazio della fotografia, che più che mai diventa nelle sue mani il campo di battaglia tra la quotidianità e l’eternità, in cui egli opera un’incessante drenaggio dalla banalità all’assoluto. La sua non è fotografia, ma mitografia, creazione o rivisitazione di archetipi in una decadenza sovraccarica e barocca in cui, come piccata risposta ad Antoine de Saint-Exupéry, “l’essenziale diventa visibile agli occhi”, una spietata anatomia cerebrale in cui la follia, ricercata con metodicità e criterio, è l’allucinazione di una mente eccessivamente lucida. Tuttavia, tra passione e ossessione c’è in comune ben più che lo spazio di una rima, ed entrare nell’ufficio di questo raffinato detective dell’anima potrebbe significare ritrovarvi, come nei migliori gialli, nella stanza del serial texturizer.

Andy Violet BIO

Andy Violet lavora come poeta, scrittore, artista visivo e musicista. Laureato in Lettere Moderne, insegna Italiano e Latino in un Liceo Classico. Membro fondatore del gruppo di dub, trip hop e musica sperimentale Oem Quartet.


RIGHT RED

Intervista di Sergio Pancaldi (Staff DDProject) a HOTB.

Percorrendo la tua sterminata produzione ho avuto spesso la sensazione di ritrovarmi spettatore di un racconto infinito, una narrazione non consequenziale né lineare, composta di frammenti di vita materiale, ed osservata attraverso un groviglio di maglie dai colori acidi e saturi di tensione poetica ed emotiva.

–  E’ in realtà una narrazione molto articolata nella quale tutti i miei lavori occupano uno spazio ben preciso. Come hai sottolineato, questa narrazione non vuole e non può essere lineare perché la “storia” descrive vicende umane, tentativi, vittorie e sconfitte e quello che ci arricchisce come individui è la capacità di ripensare continuamente la nostra vita, di osservarla da diverse prospettive.

Nel tuo lavoro il corpo umano è protagonista assoluto ma a volte brilla per la sua assenza…

– Il corpo, la carne… è il materiale biodegradabile che preferisco. Hai assolutamente ragione quando dici “brilla per la sua assenza” nel senso che ha una valenza doppia quando manca rispetto a quando c’è. E’ un corpo trasfigurato e, il più delle volte, frammentato… che si dà nel dettaglio molto più che nella totalità perché la totalità ha smesso da tempo di essere la somma delle parti

Un simbolo ricorrente nella tua produzione è il telefono, spesso un vecchio apparecchio che permette come solo strumento comunicativo la voce. Chi o che cosa c’è all’altro capo della “cornetta”?

– Quando avevo 4 anni, in Venezuela dove sono nato, io e mia sorella con mia madre andavamo a far visita a un’amica di famiglia, almeno una volta la settimana. In un armadio della casa c’era questo telefono nero, obsoleto già allora, con cui noi bambini giocavamo. Credo sia stato il mio primissimo feticcio, oggetto di un desiderio non corrisposto. Infatti, mentre mia sorella aveva sempre queste lunghissime conversazioni (che solo dopo ho capito essere immaginarie), quando era il mio turno il telefono era sempre muto. Il telefono che compare così spesso nei miei lavori è senza dubbio l’immagine di quel telefono: da qui il suo essere scollegato, fuori posto, in ogni caso inadatto allo scopo di comunicare. All’altro capo della cornetta non c’è nessuno ma, d’altra parte, neanche a questo capo.

Parlando di musica, quali sono i tuoi riferimenti? Se non erro, la sigla H.O.T.B ha a che vedere con questo campo creativo…

– HOTB è l’acronimo di Home Of The Brave, il film diretto da Laurie Anderson, un omaggio al suo genio.

Tu mi chiedi informazioni più concrete ma, in realtà, posso solo dire che HOTB è una entità relativamente giovane, essendo nato nel e per il web nel novembre del 1997. La musica è stata in qualche modo il suo humus e infatti il suo sogno nel cassetto resta quello di disegnare copertine per album musicali, sogno realizzato solo sporadicamente. Da Peter Gabriel ai Nurse with Wound passando per tutta la scena indie ’80 e ’90 la musica è il rumore di sottofondo di quasi tutti i miei lavori. Il primo progetto di HOTB per il web fu una serie intitolata TIME/RECORD OF THE TIME (ancora la Anderson) e spessissimo i miei titoli sono ripresi da songs che in un modo o nell’altro rappresentano momenti e/o dettagli particolari nella mia vita

Mentre per quanto riguarda poesia e letteratura? I titoli che accompagnano le tue immagini sono sempre evocativi e mai banali…

– Sono un lettore compulsivo… non nel senso che leggo di tutto, è solo che se scopro un autore che mi piace “devo” leggere tutto quello che ha scritto. De Sade, Ballard, Pessoa, Burroughs, Ben Jelloun così, in ordine sparso… ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa… la serialità sadiana e il suo spiccato senso matematico, la fredda eppure sensuale crudezza di Ballard, la poesia inarrivabile di Pessoa e, soprattutto, il suo invito ad essere multipli, come in un gioco di specchi, come si usa fare così spesso oggi in rete…

E’ piuttosto nota nelle web community la tua passione di reinterpretare immagini di altri, impregnandole del tuo tocco, qual è la tua opinione sulla proprietà e sull’identità di un lavoro artistico?

– La prassi di “rubare” le immagini di altri e di rielaborarle nasce sulla scia di quello che Andy Warhol definiva “fare piccoli regali alle persone così si ricorderanno di me”… e infatti ancora oggi quando rispedisco l’immagine rielaborata all’autore lo avverto che c’è un regalo per lui nella mail. Detto questo, ho il massimo rispetto per il lavoro artistico di quelli a cui “rubo” le immagini e, se lo faccio, non è perché l’originale sia incompleto o necessiti del mio trattamento, è semplicemente perché io ci vedo altro… magari questo altro non ha nulla a che vedere con le intenzioni dell’autore stesso… diciamo che il mio lavoro in questo caso si situa in una zona di mezzo tra il non detto e il non visibile. Devo dire, con un certo rammarico, che non sempre viene colto questo aspetto della rielaborazione… i più la vedono come una semplice operazione estetica e mi propongono le loro immagini da rielaborare… ma non funziona così.

Per quanto riguarda la proprietà del lavoro artistico, beh, l’altro giorno Andy Violet mi ha chiesto quasi sconcertato “ma tu uploadi le immagini in dimensioni stampabili?”  Certo che si… a me non interessa avere alcun copyright sulle immagini, il mio stream è un invito al saccheggio e la sola idea che qualcuno possa prendere una immagine creata da me e spacciarla per sua facendone quello che gli pare mi procura un piacere vicino all’orgasmo.

Il medium elettivo di H.O.T.B è il digitale: dall’immagine fotografica al filtraggio attraverso il software. Esistono tuttavia anche tue produzioni concrete, nate magari per diretta commissione… ci sono formati e supporti che prediligi?

– HOTB è assolutamente una creatura digitale tout court. Le sue creazioni nascono muoiono e rinascono con l’accensione e lo spegnimento di un monitor e, personalmente, non credo esista un supporto diverso capace di renderle con uguale intensità. Eventuali produzioni concrete, le copertine del gruppo death metal NATRON per esempio, sono sempre firmate col mio vero nome, mai HOTB. Unica eccezione le stampe su tela sulle pareti di Villa Ormaneto, in provincia di Verona.

Ti chiedo un commento a questa frase, pronunciata davanti a un pubblico sicuramente sconcertato da Filippo Tommaso Marinetti durante la sua prima serata teatrale futurista, a Trieste: “Gli artisti morti sono ben pagati. I vivi non raccolgono che scherni, insulti, calunnie, e patiscono la fame. Sotto il regno di questi sfruttatori del passato si uccide ogni giorno un poeta di genio… Noi dobbiamo difenderci contro gli abili assalti degli opportunisti, degli spiriti grettamente mercantili che abbondano nel mondo dell’ arte”

– Credo che, tranne che per rarissime eccezioni, le parole di Marinetti siano attuali oggi più di ieri. E ti parlo come uno che rifiuta di essere etichettato artista, lo sai, ti parlo come semplice fruitore. Oggi è l’Arte in sé che patisce la fame, è la cultura che stanno cercando di svuotare di significati e contenuti. Basta vedere lo scempio che si fa allegramente dell’istruzione di questo paese, i colpi di machete alla ricerca, all’università, allo spettacolo. E qual è il contraltare? Noi dobbiamo difenderci dagli spiriti grettamente mercantili che ormai occupano il potere e ogni forma di comunicazione.

Qual è il “simposio ideale” di H.O.T.B? Citami almeno tre personaggi di qualsiasi epoca storica del passato con i quali ameresti parlare d’amore.

– Questa è facile… Medea, Frida Kahlo e Virginia Woolf. Tutte donne, inevitabilmente… gli uomini sono inabili ad amare.

Spesso tra le tue immagini si cela un senso incombente di apocalisse, o più in generale di imminenza del tragico. Ritorniamo nel 2009 in Italia oppure, se preferisci, su questo pianeta senza badare ai confini delle nazionalità. Qual è un futuro possibile? E l’arte che ruolo potrebbe giocare in questo scenario ipotetico?

– Ho due bambini, mi piacerebbe arrendermi al facile pessimismo ma non posso. Non posso accettare passivamente che il loro futuro sia peggiore del nostro presente. E’ ingenuo pensare che l’arte possa portare a compimento la rivoluzione delle masse però il ruolo che l’arte e la cultura possono e devono giocare è enorme. Instillare il dubbio contro l’omologazione, scuotere dal torpore, anche solo accendere una riflessione. Provocare. Ecco, quando qualcuno commentando i miei lavori dice che provocano una riflessione, io sono appagato.

Infine, parlando di futuro in termini più concreti, ci sono dei progetti in cantiere? Oltre ovviamente all’esposizione prossima ventura qui a Trieste, presso il MetroKubo.

– Progetti espositivi in cantiere non ce ne sono, in realtà. La mostra a Trieste rappresenta un’anomalia, di cui sono felicissimo e a cui tengo molto ma non credo potrà ripetersi in altri luoghi e tempi. Nel futuro di HOTB ci sono soprattutto collaborazioni con musicisti e artisti di varia estrazione come  “p.Oz.”, “dok.topùs” e “the dim locator” le cui musiche faranno da colonna sonora all’esposizione di Trieste.


Patrizia Miliani in “schizzi d’ inchiostro”

Hot Chi?

E’ finito il tempo in cui un’immagine scatenava baruffe e si pigliavano botte a cotè di un dipinto dove una puttana nuda guardava lo spettatore senza fare la maddalena? E’ finito.

Non c’è più modo che un’immagine possa èpater le bourgeois, facendo un botto nel suo salotto disneyano? No, non c’è più.

HOTB compone figure, là dove altri nei secoli hanno costruito sistemi filosofici, o si sono tormentati sulla persistenza del male, e hanno scritto volumi sulla crudeltà. HOTB non è il nipote di De Sade, e non finirà alla Bastiglia per le sue immagini. Anzi. Il fruitore della sua personale potrà sentirsi piacevolmente compiaciuto o sottilmente sconcertato, ma tornerà a casa comunque con un frizzico blu nella schiena. HOTB con la sua provocazione ci aiuta a sentire quanto è viva la nostra coscienza televisiva, adorna di immagini pubblicitarie, dove c’è sempre casa, ovunque nel mondo e in qualsiasi malaugurata situazione, basta avere il fusillo in tasca. HOTB lo sa, e alleste per noi il suo teatrino poco rassicurante nello scantinato umido e fetente delle sue pulsioni di morte. Manca l’ultimo sfregio, quando la creatura soccombe, senza ritorno, all’esplorazione di quello scantinato,dove le donne di Barbablù sono custodite in stile macelleria.

E’ femminile, l’oggetto che si ritrova nello scantinato di HOTB, serrata nelle corde, nastro adesivo sulla bocca, spesso senza occhi, un essere senza sguardo, negato, come nei lager, dove i prigionieri non dovevano mai guardare negli occhi i carcerieri.

Perchè lo sguardo è lo specchio, e il torturatore non vuole specchiarsi.

Gli occhi ricompaiono nei primissimi piani maschili, dove HOTB assume il ruolo di colui che ama, e il colore è sparato nelle iridi degli amati.. Lo sguardo cancellato della donna, vittima per definizione, traspare nascosto nelle iridi fluorescenti degli amati, che accompagnano, come faceva l’Iride del mito, le donne”morte” nell’aldilà.

C’è del manierismo nelle immagini di HOTB, nel sovraccarico di grafismi che addensano oscurità, accanto a qualche colore primario steso a contrappunto di una luce che non illumina. L’immagine è come sottoposta alle interferenze del tempo, litografica e bloccata nelle righe, nelle vetrate a quadrati, quasi sbarre.

Il pathos è’ confinato nei titoli, nell’abbandono lirico di un capannone industriale, nella rovina accorata di una vasca da bagno, nelle macerie di un luogo senza luce, dove le sole finestre possibili si spostano, e sono occhi di visi infantili, in altre immagini, sparse qua e là, come una grammatica di luce in mezzo all’opaco.

Una discesa agli inferi con redenzione promessa dai visi infantili. E se il nazareno capitasse nella galleria dove espone HOTB, tornerebbe alla carica, con i suoi amici pescatori ed esattori delle tasse, lenti e permalosi, per trovare altri amici, lenti e permalosi.

Per sua sfortuna e nostra fortuna, HOTB non ha letto Melanie Klein, che racconta con dovizia del “terribile comportamento sadico” dei bambini piccoli. E così, per HOTB l’innocenza resta, e rischiara o disturba la nostra visione delle sue immagini.

In HOTB un’umanità genitale e a tratti pornografica interpreta una sgangherata pulsione di vita, mentre neri telefoni disseminati, come ruderi in un paesaggio romantico, sono in attesa di una chiamata.

Forse, la chiamata di colui che un tempo era l’Interlocutore, ora muto.

Il fotografo pugliese non ci racconta nulla della signorina stesa a terra con i polsi legati dalle corde ben serrate. Lo sconcerto per noi, il vero teatro della crudeltà, sarebbe scoprire che è nostra sorella o la vostra fidanzata. Ma HOTB ce lo risparmia. Anche Isacco era incaprettato sulla pira, pronto al sacrificio, ma fu risparmiato. Ecco, le immagini di HOTB parlano dell’impossibilità del sacrificio.

E dell’essere risparmiati.

L’impossibile sacrificio costringe a ripetere rituali dove la vittima è sempre risparmiata, e alla fine, si toglie le corde, si riveste e torna a casa, a farsi una piatto di fusilli e a guardare la tivù.

Patrizia Miliani

Collaboratrice del DDproject

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